venerdì 20 novembre 2009

Sergio Leone, quando il cinema era grande

Sergio Leone: Quando il cinema era grande
Sergio Leone è scomparso venti anni fa, oggi avrebbe festeggiato ottant'anni, e forse lui stesso sarebbe sorpreso di come la sua fama e notorietà non conoscano barriere né geografiche, né generazionali. Chissà cosa penserebbe dei molti giovanissimi che citano a memoria interi dialoghi dei suoi film; delle migliaia di suoi fans che riversano su Facebook la loro passione per il suo cinema. Oggi Leone è un fenomeno culturale, probabilmente perché il suo cinema, “popolare”, ma nel senso più nobile del termine, è stato finalmente e definitivamente acclarato come “grande”. Oggi tutti, anche i più scettici hanno rivalutato il suo lavoro, al punto che istituzioni ed università continuano a studiarlo e ad omaggiarlo, come ha fatto la Casa del Cinema di Roma, un luogo dove il cinema è culto, è scuola, è ricordo. Dal 30 aprile al 3 maggio lo è stato ancor di più, perché in quelle sale si è materializzato il mito di Sergio Leone, attraverso le proiezioni dei suoi film ed il ricordo chi l’ha conosciuto ed amato. Leone è stato forse l’ultimo inventore d’immagini e di stile che la critica è stata “costretta” a scoprire e a valorizzare come merita. A vent’anni dalla sua morte, oggi Leone, è più vivo che mai, ed è considerato uno dei più importanti registi della storia del cinema, nonostante nella sua carriera, abbia diretto pochi film. Il suo modo di fare cinema è stato innovativo ed originale, ed il suo stile ha fatto scuola, influenzando molti autori, dai colleghi contemporanei fino alle ultimissime leve. Da Kubrick a Tarantino. Un cinema, il suo, fatto di primi piani, alla ricerca assoluta di un dettaglio, caratterizzato da sceneggiature violente ed al tempo stesso intrise di ironia, dal montaggio serrato, da sequenze con interminabili silenzi carichi di contenuto. Leone ha sempre raccontato storie personali ed intime di uomini, senza mai trascurare di inserire sullo sfondo la “grande storia”. Nei suoi film non ci sono eroi, forse perché ha voluto sottolineare come sia difficile individuare il confine tra il bene e il male, e come siano spesso dei punti di vista di chi osserva, e non dei valori assoluti. E’ lui il capostipite del genere “spaghetti-western”, un cult ormai per molte generazioni. Come non ricordare film come "Per un pugno di dollari", un successo strepitoso, uno dei massimi del cinema italiano, il "Il buono, il brutto, il cattivo", una pietra miliare del western italiano, "C'era una volta il West" capolavoro assoluto e cervellotico di montaggio. Ma è con “C’era una volta in America” che il maestro italiano firma la sua opera assoluta, quella che costituisce la sintesi più completa della sua arte. Tre ore e quaranta di cinema, con la C maiuscola, un opera epica, nella quale racconta la vita di due amici gangsters, interpretato da Robert De Niro e James Wood, considerato da molti uno dei più grandi film mai girati nella storia di quest’arte. Dai solari paesaggi western, Leone passa all’oscurità di New York, e ci consegna un appassionante e corale affresco di un’epopea. E’ un emozionante e commovente storia virile, fatta di amicizie e tradimenti, di passioni e violenze. Ma “C’era una volta in America” è anche una saga romantica, vista dagli occhi di un italiano che non ha mai smesso di pensare all’America come al paese dei sogni, nonostante tutte le sue contraddizioni. E’ l’ultimo film di Leone, è di fatto diventa il suo nostalgico e malinconico commiato. Favolose le musiche di Ennio Morricone, indimenticabile il sorriso finale di De Niro che rimarrà una delle immagini cinematografiche più intense. Per Clint Eastwood Leone era grande perché non aveva paura di fare qualcosa di nuovo. Per Claudia Cardinale il cinema è proprio lui, per come amava questa meravigliosa finzione in tutti i suoi aspetti, dagli attori, al prodotto finito fino alla vita di set. E’ stato uno dei pochi registi capace di portare al cinema tutti, dagli adolescenti agli adulti, dagli intellettuali agli analfabeti. Siamo in molti a rimpiangere che la morte ce l’abbia strappato prima che potesse regalarci un’altra opera, che si annunciava grandiosa, un film, che non ha fatto in tempo a girare, sull’assedio tedesco di Leningrado. Luigina Dinnella

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