venerdì 20 novembre 2009

L'etica del buon giornalismo

L’etica del buon giornalismo
Il grado di maturità e democrazia di un popolo lo si valuta anche dal tipo di informazione di cui dispone. In un Paese come il nostro, dove la contiguità del potere politico con il giornalismo è forte; dove si viola con eccessiva leggerezza la privacy, sbattendo spesso il mostro in prima pagina senza aver fatto i dovuti accertamenti; dove ci sono molti commentatori e pochi reporter; dove i fatti stanno sparendo dalle pagine dei quotidiani; dove troppo spesso i giornalisti sono gli ospiti fissi di una cerimonia chiamata conferenza stampa; dove vige solo la finalità commerciale, che induce a trattare il giornale come una merce qualsiasi, e si sa, la logica commerciale, non va proprio di pari passi con l’etica, non può esserci un “grande giornalismo”. Tutto questo è analizzato in "Cattive notizie - Dell’etica del buon giornalismo e dei danni da malainformazione”, un libro di Vittorio Roidi, cronista prima per il Messaggero, poi per la Rai, e dal 2001 al 2007 segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Oggi insegna alla scuola di giornalismo di Urbino e tiene un corso di etica e deontologia professionale alla Sapienza. Con questo libro Roidi tenta di riportare l'etica di questa professione al centro del dibattito sulla crisi della stampa. La sua analisi comincia, ovviamente, dalla figura del giornalista, dalla funzione che essa riveste nella società e dalla grande responsabilità che gli viene delegata della collettività. “Cattive notizie” non è un manuale per aspiranti giornalisti, ma un testo che affronta gli aspetti più delicati di questa professione. E’ la riflessione su un mestiere che troppe volte rischia di cadere preda della cattiva informazione. E’ un libro che parla di cattivo giornalismo, che tenta di identificarlo e di indagarne le cause, che per Roidi, risiedono nella superficialità, nella partigianeria, nella faziosità e nella subalternità ai poteri forti. Per Roidi, principi quali la libertà di stampa, privacy, deontologia professionale, obiettività, limiti della satira, sono un patrimonio di regole indispensabili, ma troppo spesso disattese e, quel che è più grave, non sempre in buona fede. Roidi, in questo suo libro non è tenero con i colleghi, e lascia trasparire la sua ammirazione per lo stile e la professionalità dell’informazione anglosassone. Le leggi sulla stampa, i codici deontologici, le Authority, gli Ordini professionali, afferma Roidi, possono aiutare e garantire il giornalista nello svolgimento del suo lavoro, ma nessuna carta sarà mai sufficiente a “fornirgli” l'indipendenza, se non entreranno in gioco la sua coscienza e il suo spirito libero, e per rafforzarli, afferma Roidi, bisogna tornare a considerare il giornalismo come attività al servizio della comunità dei cittadini, responsabilizzare e rendere autonomo chi fa questo mestiere, e soprattutto far capire che non basta parlare ad un microfono per essere giornalisti. Un altro difetto endemico della nostra stampa, per l’autore, è la tendenza a fare battaglie politiche che spesso hanno poco a che vedere con il servizio al cittadino. Oggi che i mezzi di comunicazione sono tanti, deve esistere una sola etica, che è quella di cercare la verità. E’ questa la prima regola, dice Roidi, affinché il giornalismo possa tornare ad essere uno strumento di democrazia. Per Roidi, il tanto decantato avvento di Internet non ha migliorato le cose, anzi, chiunque oggi smanettando davanti ad un computer può definirsi giornalista. Oggi più che mai, il diritto all'informazione deve tornare ad essere, non un privilegio del giornalista, ma una componente della libertà del cittadino, anzi una garanzia della democraticità del sistema, e perché ciò corrisponda accada, occorre che il giornalismo sia scrupoloso, corretto e rigoroso, come scrive Stefano Rodotà nella prefazione a questo libro. Luigina Dinnella

Cattive Notizie – dell’etica del buon giornalismo e dei danni da malainformazione
Vittorio Roidi
Prezzo 18,00 euro
Pagine 269
Editore Centro doc. Giornalistica
2008

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